“[…] Avevo accettato con grande entusiasmo la proposta di Dino Sarti per il mese di agosto del 1969 a Tripoli, al grande Casinò Uaddan. Dopo Teheran, Beirut, ora Tripoli. Mi piacevano quei Paesi, avevano una grande considerazione degli italiani e dei loro artisti. La prima sera, dopo le prove, seduti al bar dell’hotel, Dino ci fece una confessione: «Ragazzi questa è l’ultima volta che canto, dai primi di settembre inizio il mio nuovo lavoro alla Chappell come responsabile musicale. Stipendio sicuro, tredicesima, INAM, INPS… basta viaggi, basta dormire di giorno, lavorare di notte, basta vita disordinata. Poi Milano, capoluogo della musica, posso stare con Angelika, passare un pò di tempo con mia madre, che vedo raramente. Cambio vita.»

Avevo passato cinque anni con Dino e nessuno più di me poteva capirlo. C’era molta euforia quella sera del 31 agosto, dopo lo spettacolo impacchettammo gli strumenti perché fosse tutto pronto per la mattina seguente, quando l’Alitalia avrebbe ritirato il nostro materiale. I posti prenotati, i visti sui passaporti, tutto in regola, pronti per la partenza. Ultima notte a Tripoli. Nel cuore della notte vengo svegliato da un rumore, sembrano spari ma non vi do molta importanza. La mattina seguente avverto una calma insolita, scendo nella hall e mi dicono che la Libia non ha più la Monarchia e che un rivoluzionario ha preso il potere. Nessuno straniero può lasciare il Paese. Dino, che alloggiava in un altro albergo, mi telefona dicendomi di stare calmi e che tutto si sarebbe risolto; salgo in camera e vedo carri armati sulle strade e gente sulla spiaggia che non si capisce se stia scappando o esultando. Scatto alcune fotografie, forse con un pò d’incoscienza. Davanti all’albergo militari armati impediscono ogni contatto con l’esterno, un funzionario ci dice che non possiamo lasciare il Paese, per il momento. Ci sentiamo al telefono con Dino quotidianamente, sono passate 2 settimane e siamo ancora chiusi in albergo. Ci assicura che presto partiremo, che lui intanto ha già ricevuto il Visto e che poi toccherà a noi. Dopo qualche giorno tornammo a casa, i nostri bagagli invece no.  Decisi anch’io di abbandonare il mondo della musica, tanto sapevo che prima o poi sarebbe tornata lei. […]” (in ricordo di Gianni Guion, 1943 – 2019)

Fotografia
Fotografie di Gianni Guion
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