Sono arrivato con le mani sporche di terra.
non ho avuto il tempo per lavarle e le ho nascoste nelle tasche.
Hanno la pelle spessa,
guanti che con il tempo giorno per giorno ha costruito
così che i graffi dei rovi ne segnano l’età,
come le rughe sulla fronte, ma senza pena alcuna.
Mani turgide che d’inverno si colorano di rosso amaranto,
ruvide, perché il vento le secca e le scotta il sole
dell’estate.
Mani che hanno piantato semi e raccolto pane,
che hanno vendemmiato l’uva e prodotto vino,
clinto viola come la passione
raboso rosso come l’amore
verduzzo dorato come il tramonto.
Mani che odorano di erba medica e di latte di cui si
nutrono i vitelli,
che queste mani hanno aiutato a nascere.
Mani che si sono giunte per pregare,
quando il cielo rabbuiava e minacciava la tempesta,
per rendere grazie quando la terra dava buoni frutti.
Mi potevi far capire che era giunta la mia ora.
Avrei fatto una carezza alla mia sposa
ché di carezze, sono state avare le mie mani.

– GIULIANA MORO

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