Ritrovo, nella nebbia opaca di una immagine
sbiadita, negli angoli perduti di un tempo
addormentato, il sentore di un’estate
traboccante di calura e il pallido riflesso
di un gioco di bambini, nascosto tra i papaveri
sull’argine di un rivo, inseguito sotto cieli
candidi di quiete, di giorni chiari scevri
di intemperie, finito tra le secche
di un mondo sconosciuto. E sale nella mente
un turbine di vento che toglie le macerie
alle arche inaridite, la polvere al respiro
di bauli inchiavardati, che anima di vita
le ombre delle estati, e tornano quei passi
a riprendere il cammino, al giorno pieno
che visse in quel segreto, nel lento moto
di un tempo promettente che furtivo sguardo
levava al divenire, e mi ritorna, nell’acqua
che discende tra le vestigia ultime al traguardo,
l’effigie candida di un tempo ormai svanito
di noi rimasto indenne nel colmo di un’estate.

EMANUELA DALLA LIBERA

Condividi questo articolo: