Ad aspettare

Aveva preso l’ultimo sorso
di un vino che gli era apparso
subito amaro.
Le dita disegnavano lente
parole tremanti
su un foglio malridotto
che vagava per casa
da giorni.
L’ultima poesia
doveva essere aria pura,
suono sospeso,
passi di danza
invocanti un posto
dove riposare per sempre.
Ma il cuore non sapeva scegliere
fra le piume
che ne avevano adornato le ali
e i massi
che lo avevano schiacciato
lasciandolo senza fiato.
La sorte scelse per lui
un pallido giorno
di marzo
in una stanza di ospedale,
fra lenzuola e camici bianchi
– che sarebbe stato proprio bello
riempire di parole… –

Ma non ebbe
nessun brandello di carta,
nessuna penna,
nemmeno un filo di voce
per lasciare quell’eredità.
Solo un telo
lo avvolse con pietà.
Forse fu lì
che il poeta scrisse
il suo ultimo verso.

NADIA MOLINAI

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