[…] Negli anni Settanta, quando rincontrai Dino nel mio ufficio delle Ediz. Bentler e lui mi fece sapere che era promotore della Warner italiana, incominciai a frequentare da esterno la loro sede che allora era in Corso Emanuele, in pieno centro di Milano. Conobbi tutti i suoi collaboratori: da Vecchioni a Pareti, Gionchetta, Pallini e Beryno, che era il coordinatore degli album musicali che uscivano. Mi infilavo nell’ufficio di Dino, mi informavo sul suo lavoro e lui continuava a ripetermi che finalmente si era lasciato alle spalle il Medio Oriente e che ora era tranquillo, stipendio assicurato, orari d’ufficio e vita normale. Dino era Scorpione nel segno e come tutti gli scorpioni il pungiglione ce l’aveva e ogni tanto lo usava. Ma lo scoprii anche burlone. In quel periodo era relativamente tranquillo, si fa per dire, perché non si rassegnava facilmente alla musica degli altri, voleva la sua, di musica. Insomma: aveva voglia di cantare.

Ricordo che all’ora del pasto scendevamo quasi tutti. Fra i tanti locali, ne avevamo individuato uno che ci piaceva particolarmente e andavamo sempre lì. In quel ristorante-paninoteca capitava sempre alla stessa ora, che poi era anche la nostra, un tipo un po’ buffo da vedersi perché quando si esprimeva voleva apparire molto serio, si qualificava come venditore di dischi e portava il cappello. Facemmo conoscenza e un giorno, improvvisamente, Dino gli disse tra il serio e il faceto “Senti un po’ Alfred, perché non ti levi il cappello?” – “Sig. Sarti e perché dovrei levarmi il cappello?” – “Tu levatelo, poi te lo dirò.” rispose Dino. Noi trattenemmo la ridarola “Non capisco cosa abbia questo cappello”. La vocina si fece acida – il pungiglione stava per colpire: “Ti dico di levarlo! Senti Alfred, ti sembra che ti stia bene? Prova a toglierlo.” – Io me lo levo ma non capisco questa insistenza.” e se lo levò. Dino gli girò un po’ intorno, poi lo guardò e disse rivolto a noi “Ragazzi si è levato il cappello, secondo voi come sta?” – “Mah” disse un collega “mi sembra che stesse meglio prima.” – “Forse hai ragione” disse Dino “Alfred rimettiti il cappello.” – “Ma signor Sarti, perché adesso dovrei rimettermi il cappello?” – “Tu rimettilo, perché o cambi faccia o cambi cappello.” – “Eh Sig. Sarti, lei vuole scherzare, vero?” – “No no, col cappello la tua faccia risulta tonda; se lo togli, invece, diventa quadrata, da duro. Devi decidere, prova a specchiarti”. Alfredo andò in bagno mentre noi sghignazzavamo ma eravamo anche un po’ tesi e Dino disse “Ragazzi non preoccupatevi che adesso viene il bello.” Intanto Alfredo uscì dal bagno, era stravolto “Ha ragione Sig. Sarti, senza sembra che stia meglio, che sia più bello.” – “Vedi? Vedi? Adesso però rimettilo.” – “E perché?” – “Rimettilo”. In tutta questa assurda conversazione Dino aveva assunto una ‘espressione da prendingiro’ che solo lui aveva. Quello, allora, se lo rimise. “Hai visto? Con il cappello stai meglio, se lo metti così sulle ventitré sei uno spettacolo, credimi, caro Alfred. Ora, però, vai nella mia macchina, l’ho lasciata aperta apposta (era una Bentley). Tu siediti lì che fra un po’ arrivo che ti devo parlare seriamente.” – “Di cosa?” – “Cose importanti che riguardano i dischi” – “Oh grazie Sig. Sarti vado subito!” Quello andò e si chiude dentro. Le ghignate che ci facemmo ci fecero andare il cibo di traverso. “Venite a vedere ragazzi…” ci disse Dino ridendo. Dopo dieci minuti, o forse qualcosa di meno, arrivò il vero proprietario. Potete immaginare quello che successe. Dino era piegato in due quando arrivò di corsa il povero Alfredo che disse “Mi sono sbagliato io o la macchina non è la sua?” – “Ma tu in quale macchina sei andato?” – “Quella lì!!” disse, indicando la Bentley “Ma no, no! Ti avevo detto quella appena davanti! Ciao Alfred, ora dobbiamo tornare in ufficio. A domani e mi raccomando…alla stessa ora. Vedi come stai bene con il cappello?” Alfredo, un po’ stralunato, ricambiando i saluti…si scapellò. [Un ricordo di Sergio Parisini]

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