Una buona madre vale cento maestri” – (Victor Hugo)


Le trovi pensierose alla finestra
affacciate a un ricordo di ritorno,
gli occhi rivolti agli anni dei quaderni
su cui dettavano i primi precetti
l’uso di punti, virgole e maiuscole.
Ma i punti fermi sono sempre loro,
porti sicuri quando la tempesta
è troppo obliqua per il mare aperto.
Ed è loro il consiglio dell’esperto,
la parola che manca al dizionario
delle idee, quel ceffone che fa male
eppur migliora più dei complimenti.
Le buone madri stanno sull’attenti
anche di notte sotto le coperte;
nei sogni belli cuciono risvolti
che non immagini tanto perfetti,
si svegliano col sole fra i capelli
e un mondo di ripiego da inventare,
toppano crepe sui muri del tempo
col bianco stucco della gentilezza,
nel fuoco sono la sperata brezza
nelle gelate il raggio salvatore,
stendono nelle mani il filo teso 53
che dolcemente regge l’universo.
Le buone madri sanno defilarsi,
deviare il loro sole, dare passo
ma sono sentinelle in ronda eterna
che aspettano in pantofole al castello.
Tu sei per loro, a cinquant’anni ancora
il bimbo che monello le buscava
ma che le vecchie lacrime asciugava.
Un giorno se ne andranno ma per finta:
guarderanno quaggiù con discrezione,
la stessa che hanno sempre coltivato
come il più bel geranio del balcone.

FLAVIO PROVINI

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